http://newslettereuropa.blogspot.com/2006/04/ufficio-politiche-comunitarie.html Newsletter sull'Europa - Coordinamento Toscano dei centri Europe Direct: Approfondimento

28.12.10

 

Approfondimento

Il diritto di libera circolazione e la questione dei Rom
Nel corso degli ultimi mesi la situazione dei Rom, ed in particolare i suoi sviluppi in Francia, ha destato l’attenzione tanto dell’opinione pubblica europea, quanto delle istituzioni comunitarie. Questo argomento riguarda strettamente legislazione comunitaria sulla libera circolazione dei cittadini  all’interno del territorio dell’Unione Europea. Infatti, sebbene la tutela dell’ordine pubblico e la promozione dell’integrazione, tanto sociale quanto economica, della popolazione Rom siano essenzialmente responsabilità di ogni stato membro, è altrettanto vero che, trattandosi di cittadini comunitari, è necessario che per quanto concerne il loro trattamento venga rispettata la legislazione europea, nello specifico le regole sulla libera circolazione e sulla non-discriminazione e la Carta Europea dei Diritti Fondamentali.
Da una parte infatti il diritto dell’Unione europea riconosce ai cittadini degli Stati membri uno standard di trattamento ben diverso (essenzialmente fondato sulla parità di trattamento) rispetto a quello dei cittadini degli Stati terzi, sia ponendo precisi, eccezionali limiti al potere dei Governi nazionali di allontanare i cittadini dell’Unione, sia riconoscendo a loro favore un’ampia serie di garanzie. Dall’altro, l’ordinamento comunitario sancisce anche il divieto di discriminazioni, in particolare di quelle fondate sulla razza, l’origine etnica o sociale, o l’appartenenza a una minoranza nazionale.
Dal momento che gli argomenti politici si sono mescolati a quelli più strettamente giuridici, creando una certa incertezza circa una corretta (almeno dal punto di vista giuridico) valutazione degli eventi, appare utile fornire una breve panoramica del quadro giuridico europeo in questione e una sintetica analisi degli eventi che si sono sviluppati negli ultimi mesi, tanto a livello nazionale, quanto europeo.

Diritto di libera circolazione e non discriminazione
Nell’architettura giuridica comunitaria, la libertà di circolazione costituisce una delle libertà fondamentali di tutti i cittadini dell’Unione Europea. La base legale di questo diritto risiede nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che, secondo l’articolo 21(1), garantisce a tutti i cittadini comunitari il diritto di circolare e soggiornare liberamente all’interno del territorio dei 27 stati membri. Il diritto di circolazione riceve dunque la tutela di più alto livello, essendo menzionato inoltre all’interno della Carta Europea dei Diritti Fondamentali (articolo 45), resa giuridicamente vincolante per tutti gli stati membri con l’approvazione del Trattato di Lisbona. Tale diritto non riceve tuttavia una tutela incondizionata, ma è soggetto alle limitazioni e alle condizione espresse all’interno della Direttiva sulla Liberta di Circolazione 2004/38 del 29.4.2004 “relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”, che ha modificato il regolamento 1612/68 sulla libera circolazione dei lavoratori subordinati e abrogato le nove direttive preesistenti sulla libera circolazione, ingresso e soggiorno.
Nel caso di cittadini provenienti dai due paesi di nuova accessione, ed è questo il caso dei cittadini di origine Rom (in maggioranza provenienti da Romania e Bulgaria), ulteriori condizioni, seppur transitorie, sono imposte dai Trattati di Adesione firmati dagli stessi stati il 25 aprile 2005. In linea con le previsioni transitorie, la Francia impone l’obbligo per i cittadini bulgari e rumeni di ottenere un’autorizzazione al lavoro, almeno per un determinato numero di attività, prima di fare ingresso sul proprio territorio; della disciplina transitoria si è avvalsa pure l’Italia, ma per un periodo più limitato (fino al 31.12.2010, e per un assai limitato ambito di attività).
Secondo la direttiva del 2004, per il soggiorno fino a tre mesi, l’unica limitazione alla libera circolazione è il possesso di un valido documento di identità; gli stati membri non possono imporre altre condizioni.
Se un cittadino comunitario decide di prolungare il suo soggiorno deve essere “economicamente attivo” o possedere sufficienti risorse per non diventare un peso per il sistema sociale e avere un’assicurazione sanitaria. Se il cittadino non riempie queste condizioni, non ha diritto di soggiorno e lo stato ospite può decidere di chiederne l’allontanamento. Anche con riguardo alla situazione dei Rom, è importante sottolineare che, prima di emettere il provvedimento di espulsione, lo stato ospite deve condurre un esame della situazione individuale del soggetto. Lo stato membro è obbligato inoltre a condurre una valutazione in merito alla proporzionalità della propria decisione. La legislazione comunitaria richiede dunque che venga sempre effettuata una valutazione caso per caso, anche nell’eventualità in cui il motivo dell’allontanamento sia legato a questioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
Riguardo agli aspetti procedurali, la decisione di allontanamento deve essere scritta, pienamente giustificata e consentire il diritto di appello.

I recenti sviluppi in Francia
Il 28 giugno 2010, le autorità francesi hanno annunciato con una dichiarazione stampa ufficiale una serie di misure concernenti la situazione di “Viaggiatori” e Rom (“gens de voyage et Roms”), con l’obiettivo di:
Il 30 agosto, le autorità francesi hanno annunciato che già 128 campi illegali erano stati smantellati e che 979 cittadini rumeni e bulgari in posizione irregolare erano stati rimpatriati (151 forzosamente, e 828 volontariamente).
Nell’ambito di un incontro richiesto dalla Commissione europea, le autorità francesi hanno specificato di aver iniziato ad applicare tali misure già in precedenza ma di averne accelerato l’esecuzione nell’ultimo periodo.

Aspetti controversi delle misure adottate dalle autorità francesi
Secondo una valutazione preliminare, i servizi della Commissione europea hanno rilevato che ci sono dubbi sul fatto che le autorità francesi abbiano rispettato l’obbligo di valutare tutte le circostanze individuali, nonché i requisiti procedurali. Inoltre la Commissione ha ritenuto che il solo fatto che i recenti rimpatri siano stati definiti come “volontari” (e che sia stato previsto un pagamento forfettario), non è sufficiente per ritenerli fuori dal raggio di azione dei principi sulla libertà di circolazione. La Commissione ha inoltre avviato un’analisi conoscitiva su quali siano le conseguenze per chi tenta di far ritorno in Francia. Infatti il divieto di reingresso non può essere imposto ai cittadini comunitari, a meno che l’espulsione non sia stata motivata da questioni di ordine pubblico o sicurezza.

Reazioni di Parlamento e Commissione
Il 9 settembre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale esprimeva la profonda preoccupazione che le misure adottate nei confronti dei Rom contrastassero sotto più profili con il diritto dell’Unione europea. Il Parlamento europeo ha inoltre accusato la Commissione di aver dato una risposta tardiva agli avvenimenti accaduti Francia.
La risposta della Commissione europea è stata dura: nel corso di un’intervista rilasciata il 15 settembre, la Vicepresidente Viviane Reding, accusando la Francia di discriminazioni che non più avevano avuto precedenti in Europa dalla seconda Guerra Mondiale, ha annunciato la volontà di aprire una procedura di infrazione nei confronti della Francia. La motivazione non risiedeva, però, nell’accusa di discriminazione di una minoranza etnica, ma nell’incompleta trasposizione della direttiva del 2004 sulla libera circolazione dei cittadini europei.
A seguito di contatti ripetuti con le autorità francesi e al loro impegno a risolvere la situazione, la Vicepresidente ha annunciato il 19 ottobre la sospensione della procedura di infrazione avviata nei confronti della Francia, ai sensi dell’art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

Conclusioni
La spaccatura che si è prodotta in seno al Consiglio europeo lo scorso 16 settembre sembra non avere precedenti. Lo scontro che si è verificato è anomalo non tanto per i toni accesi, che destano comunque preoccupazione, ma per la natura stessa della questione. Non si è trattato infatti di questioni materiali o istituzionali, come la modalità di ripartizione delle risorse o il diritti di voto. Lo strappo si è prodotto, invece, sull'interpretazione di un principio fondante, finora mai messo in discussione in forma così diretta e radicale: gli stati membri sono pronti ad accettare che la cittadinanza europea comporti diritti anche per chi non ha mezzi e rischia quindi di costituire un peso per lo stato ospite? E cosa succede se si tratta di quella che da molti viene definita la più grande minoranza europea (si oscilla tra i 10 e i 12 milioni di individui), caratterizzata da un alto grado di povertà e di marginalità sociale, ed identificata agli occhi dell’opinione pubblica da tratti di presunta omogeneità etnica e culturale che la rendono fisicamente identificabile? Qual è l’effettivo grado di tutela che l’Unione Europea è in grado di assicurare ai loro diritti in caso di trattamento discriminatorio da parte di uno o più stati membri?
Lo scontro tra le istituzioni comunitarie e la Francia, sostenuta da Italia e Repubblica Ceca, sembra ad oggi essersi sgonfiato con la dichiarazione rilasciata a nome della Commissione Europea dalla Vicepresidente Viviane Reding il 19 ottobre. La Commissione ha accettato, infatti, le rassicurazioni avanzate dal governo francese su una futura trasposizione adeguata della legislazione comunitaria. Tuttavia, osservatori internazionali, tra i quali la EU Roma Policy Coalition, rilevano come questo lasci irrisolta la situazione centinaia di persone allontanate, in modo più o meno volontario, nel corso delle scorse settimane e che non hanno avuto accesso alla giustizia.
Non bisogna sottovalutare il potenziale di riproduzione che la situazione attuale potrebbe avere in futuro. L’apparente chiusura della questione non ha dato in realtà una risposta sugli sviluppi futuri, che rimangono ancora aperti.
La risposta, almeno inizialmente severa, della Commissione europea, ma soprattutto della sua Vicepresidente Viviane Reding, é stato un segnale chiaro per gli Stati membri. Resta da vedere se da questa vicenda si svilupperanno a livello europeo una riflessione e una concertazione forieri di risultati concreti. In molti, ad esempio, auspicano la creazione di una vera e propria strategia-quadro europea sull’inclusione dei Rom.

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